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Villapiana - Dalla Torre al Borgo Fortificato

Villapiana - Dalla Torre al Borgo Fortificato

“Torri o torrioni si ergono, a partire dalla metà del secolo X, sia al centro di costruzioni residenziali precedenti, sia in luoghi nuovi, dove costituiscono talvolta l'elemento unico o principale”. Dominique Bartèlemy

In principio fu la torre...

Questo potrebbe essere l'inizio della storia dell'attuale Villapiana ed il linguaggio, chiaramente biblico, ben si addice ad una situazione di quasi totale mancanza di documenti, che attestino la presenza di insediamenti precedenti la suddetta torre (A: nel disegno).

Durante l'età classica ed ellenistica molte città greche, per darsi un lustro, che non avevano, inventarono di sana pianta miti, che le riguardavano ed improbabili eroi fondatori. Questa aspirazione ai natali illustri non è mai più tramontata ed anzi, negli ultimi tempi, con l'intensificarsi delle ricerche archeologiche, si è accentuata, senza tener conto degli abissi di tempo, di mentalità e tecnologia, che separano la situazione odierna da quella antica.

Dovrebbe essere pertanto chiaro a chiunque che, pur continuando a studiare e a conservare le vestigia del passato, quale retaggio dell'umanità nel suo complesso, non ha senso per l'uomo di oggi l'appropriazione "indebita" di quarti di nobiltà che non gli appartengono. Non ha senso quindi abbinare le vicende degli Enotri di Broglio con Trebisacce, né quelle di Timpone Motta con Francavilla Marittima, né ipotizzare una Villapiana figlia di una mitica Leutermia.

È pur vero che nel territorio di Villapiana si sono avuti rinvenimenti di materiale che attestano la presenza umana, sia in età protostorica sia in età ellenistica, romana e longobarda, ma si tratta di episodi sporadici e non c'è, ad oggi, alcuna prova di agglomerati abitativi, che possa giustificare un'ipotesi di continuità storica da Leutermia a Villapiana.

Dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente, questo territorio fu, a fasi alterne, conteso da Bizantini e Longobardi, con un ulteriore impoverimento delle campagne. Con l'inizio del II millennio e la conquista normanna del meridione d'Italia, avvennero notevoli cambiamenti dovuti all’esigenza di controllo del territorio da parte dei nuovi conquistatori, che avevano anche l'assillo di respingere gli attacchi dei Saraceni dal mare.

Tutto dunque ebbe inizio da una torre. Prima di essa c'era solo il cocuzzolo di una collina, piombante a picco sul torrente Satanasso a Sud e Ovest, mentre a Nord la separava dal restante pianoro il taglio profondo, causato da un ruscello, che dall'attuale Piazza Dante, andava a perdersi nella piana. La collina in questione era così isolata e protetta naturalmente e ben si prestava, secondo la logica e le esigenze del tempo, all'impianto di una struttura difensiva.

La torre, fatta costruire a Villapiana, faceva quindi parte di quel vasto complesso di opere di avvistamento, attuate dai Normanni, che saranno incrementate e meglio definite da Federico II (1). Due grosse mura, aventi come vertice la torre, recintavano la sommità della collina. All'altezza degli spalti si accedeva alla torre, al cui interno vi erano scale mobili in legno. Poco distante esisteva un piccolo luogo di culto, d'impianto bizantino (attuale chiesa di S. Maria del Piano). Attorno a questi due punti di riferimento, dovettero convergere i primi nuclei di agricoltori e pastori, ai quali si deve far risalire la nascita di Casalnuovo.

Nulla ci è dato sapere, circa la disposizione delle abitazioni e la consistenza numerica della popolazione, dalla analisi di ruderi o altri elementi, poiché nulla resta sul terreno a testimonianza di quel primo secolo di vita del nostro paese.

Il Castello di Casalnuovo (od. Villapiana) da piazza Dante, in una vecchia foto. - Notare la torre quadrata, oggi scomparsa.
(foto: cortesia di O. Lauria).

Si può solo ipotizzare sulla base di altri insediamenti coevi, indagati altrove, che le strutture abitative consistessero in pochi vani, con muri a secco, intonaco di fango e copertura di paglia. Qui trovavano rifugio esseri umani e animali domestici, in un connubio non certo ideale per l'igiene. Situazioni simili erano comunque comuni a quasi tutto il Meridione, se si fa eccezione alle poche città di antica fondazione, sopravvissute alle vicissitudini storiche della decadenza romana e dell'alto Medioevo.

L'unico dato certo è che, sul finire del Duecento e nei primi decenni del Trecento (2), la chiesa di S. Maria del Piano aveva giurisdizione anche sulla chiesa di S. Nicola di Mira di Trebisacce. Che un numero notevole di fedeli sopperisse alle necessità del clero e dei nobili feudatari (3) di Casalnuovo diviene una "esigenza storica".

Le pietre tornano a parlare del nostro borgo in età aragonese e lo fanno con il linguaggio chiaro dei moduli architettonici, che definiscono un'epoca.

Nei pressi della torre normanna si erigono altre due torri cilindriche (B-C: nel disegno) sul fronte Nord ed altre due a base quadrata (D-E: nel disegno) sul lato Sud-Ovest. Nuove mura, in parte costruite su quelle di prima, uniscono queste torri. Nello spazio fra la torre normanna e quella contrassegnata con la lettera B, con opportune modifiche, si colloca il ponte levatoio, che costituisce l’entrata principale del borgo. La seconda entrata, meno monumentale ma non certo meno suggestiva, è permessa dalla Porta dei Santi, situata più a valle della prima. Fra i due ingressi corre un grosso muro con contrafforti e feritoie, baluardo valido contro attacchi da Nord. A Sud e Ovest lo strapiombo sul Satanasso è di per sé una barriera invalicabile.

Entro la cinta di fronte alla Chiesa, viene edificato il Palazzo dei Principi, che ha la parete nord addossata al muro del borgo, come tutte le altre costruzioni ai suoi lati. Poco distante dal fianco destro della Chiesa, un altro palazzo nobiliare, tramandato dalla voce popolare come Palazzo Ducale (4), si affaccia sulla piazza antistante il tempio mariano.

Occorre puntualizzare che l'attuale piazza Umberto I all'epoca era molto più grande. Le case (tratteggiate in giallo nella cartina) che si sviluppano dalla torre normanna verso la chiesa, interponendosi fra questa e il Palazzo dei Principi, sono state edificate probabilmente nel tardo Settecento. Curiosamente, esse sembrano tipologicamente le più antiche; infatti, il modulo, costituito da un'abitazione sopraelevata su un sottostante vano adibito a magazzino e stalla, risale al tardo Medioevo (5). Il perdurare a lungo nel tempo nella nostra zona di questo tipo di abitazione è facilmente riscontrabile anche in altri paesi e nella vicina Plataci (fondata intorno al 1480, ma le cui prime costruzioni in pietra non sono anteriori al 1550).

Sul declivio che da Piazza Dante scende fino all'altezza della Porta dei Santi e alla Chiesetta del Rosario, sorsero numerose case, la cui disposizione seguiva l'andamento del terreno, dispiegandosi a semicerchi sempre più ampi, con un'ottima esposizione al sole, nonostante i vicoli stretti, che anzi proteggevano dai venti invernali (6).

Si è parlato all'inizio della Chiesa di S. Maria del Piano come di un tempio di origine bizantina, ipotesi suffragata da riscontri, per quanto riguarda la posizione dominante ad Amendolara (7). Nel nostro caso, le modifiche apportate nel '400 e nel '600 ne hanno stravolto l'impostazione originaria; infatti, al corpo centrale è stata aggiunta una torre (E o torre campanaria) inglobata in seguito nella navata laterale destra.

Lo sviluppo del borgo di Casalnuovo fu condizionato naturalmente sia dagli avvenimenti storici, sia dall'economia di tipo agricolo-feudale, che qui perdurò fino all'inizio dell'Ottocento, senza conoscere la stagione dei liberi Comuni. Né le leggi napoleoniche sulla eversione della feudalità cambiarono granché; infatti, ai vecchi feudatari si sostituirono nuove famiglie, che si accaparrarono vasti latifondi, le cui rendite permisero la costruzione di nuovi palazzi padronali, magari accorpando o distruggendo strutture più vecchie.

Tipica abitazione di impostazione tardo-medioevale, in uso fino a pochi decenni fa.

L'unità d'Italia non portò benefici al popolo di Casalnuovo, che anzi, dopo qualche decennio, conobbe il triste fenomeno dell'emigrazione di una buona percentuale della popolazione. Un'inversione di tendenza si ebbe dopo la II guerra mondiale e, soprattutto, dagli anni Settanta in poi, con un'espansione incontrollata e selvaggia, contrabbandata come "civiltà e rinnovamento" in contrapposizione alle "cose vecchie".

Crediamo che sulla conservazione, il restauro e la valorizzazione di queste vestigia e contro il decisionismo distruttore dei nuovi barbari valga la pena riportare quanto ebbe a dire un grande dell'urbanistica moderna (8):

"La vita di una città è un avvenimento continuo che si svolge nei secoli con opere materiali, tracciati o costruzioni, che le conferiscono una propria personalità e da cui emana un po' alla volta la sua anima. Si tratta di preziose testimonianze del passato che saranno rispettate innanzi tutto per il loro valore storico e sentimentale, e poi perché in alcune si manifesta un valore plastico che esprime nel modo più intenso il genio dell’uomo. Esse fanno parte del patrimonio umano e coloro che ne sono proprietari o hanno il compito di difenderle hanno la responsabilità e l'obbligo di far tutto il possibile per trasmettere intatta ai secoli futuri questa nobile eredità."

Resti delle mura del borgo, con contrafforte e feritoia da via Garibaldi;


NOTE BIBLIOGRAFICHE
(1) G. Procacci, Storia degli Italiani 1, L'unità - Laterza 1961, pp. 24-25.
(2) O. Lanza in "Gazzetta del Sud" del 7-8-1986.
0) Per la successione dei feudatari di Casalnuovo, Cfr. D. Bellini, Da Leutermia a Villapiana...,
L Pellegrini ed., Cosenza 1982.
(4) G. Mazzei in "L'Oleandro" a. VJ1 n. 2-1989, p. 4.
(5) AA.W., La vita privata dal Feudalesimo al Rinascimento, C.D.E., Milano 1988, t J.t. fig.
4.13.
(6) M. Fazio, Il destino dei centri storici, La nuova Italia, Firenze 1981, pp. 21-23.
(7) G. Roma, Ricerca su un insediamento di epoca bizantina nel territorio del Comune di
Amendolara, in "Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata", n.s. XXXII -1978, pp. 15-31.
(8) Le Corbusier, La Carla d'Atene, Comunità, Milano, 65-70.
Si ringrazia per la cortese collaborazione Francesco Pizzulli.
Foto di Giorgio Durante e Angelo Geremia.


 

STRUTTURE FUORI LE MURA

Nel XVI secolo ci fu una autentica fioritura di conventi, dovuta in massima parte alla Controriforma nata dal Concilio di Trento, che restaurava, con rinnovato vigore, il potere della Chiesa. In questo periodo i feudatari concessero volentieri appezzamenti di terreno a vari Ordini monastici, per l'edificazione di conventi e chiese. A Villapiana, i principali conventi sorti furono:

Il Convento dei Paolotti (1)
Fondato nel 1586, il convento aveva annessa una chiesa dedicata all'Annunziata. Inizialmente, la chiesa presentava una sola navata; la cappella sul lato sinistro, gli altari laterali e le decorazioni in stucco risalgono alla fine del Seicento. La vita bicentenaria del convento si concluse il 7-8-1809. (2)

Il Convento dei Cappuccini (3)
Edificato secondo il Wadding, il Fiore, e lo Zuccalà nel 1609, ma secondo la relazione di P. Francesco da Casalnuovo, guardiano e maestro dei novizi, il convento fu fondato nel 1590 con il consenso dell'ordinario diocesano, da Marco Antonio Sanseverino. Il convento, costruito secondo la tipica forma cappuccina, comprendeva 15 celle, un chiostro con archi sorretti da pilastri e una cisterna al centro. Il terreno circostante, di proprietà della Sede Apostolica, era recintato da muri, di cui si notano alcuni tratti ben conservati. La relazione fu inviata a Roma il 23 febbraio 1650. La chiesa, dedicata alla Madonna Immacolata e oggi conosciuta come "di S. Antonio", conserva notevoli opere d'arte, anche se in stato di degrado. (4) Il convento prosperò fino al 7-8-1809, anno del primo decreto di soppressione, e chiuse definitivamente il 10-1-1811.

Il Convento dei Riformati (5)
Fondato nel 1728, (6) fu probabilmente soppresso col decreto borbonico del 25-9-1778, teso a ridurre l'eccessivo numero dei frati nel Regno di Napoli. Rioccupato in seguito dai frati Osservanti, ebbe scarsa fortuna e non viene più menzionato nelle successive soppressioni della Cassa Sacra e del periodo francese. Per la ubicazione di questo convento, un notevole contributo è dato dalla tradizione popolare, che ha tramandato i due toponimi della zona sottostante l'antico borgo, e da alcuni resti di recinzione dei possedimenti del convento con spezzoni di muri inglobati più tardi in case rustiche; infatti, la contrada San tu Pi tri è ancora oggi "a Murata". Non esistono sul posto ruderi di strutture più grandi, sia per la povertà dell'ordine, sia perché l'insediamento ebbe vita breve.

Altre emergenze di notevole importanza nel territorio di Villapiana includono:

Torre Saraceno
Eretta poco dopo il 1538 per volere dell'imperatore Carlo V, la Torre Saraceno faceva parte del sistema di avvistamento costiero contro le incursioni turche. (7) Perfettamente visibile dalla SS 106 al Km 111, è ottimamente conservata.

Torre Cerchiara
Coeva e simile alla Torre Saraceno per struttura e finalità, è discretamente conservata ed è stata recentemente accorpata a una costruzione moderna.

Castello di Tripaoli
Si conservano una torre cilindrica e avanzi di mura, di incerta datazione.


NOTE BIBLIOGRAFICHE
(1) Ordine dei Minimi, fondato da S. Francesco di Paola e la cui regola fu approvata da papa Giulio II il 28-7-1506. Cfr.
N. Lusito, S. Francesco di Paola, ed. Lovero, Bari 1986, p. 28.
(2) Decreto di G. Murat, re di Napoli, che ordinava l'abolizione dei conventi di tutti gli ordini monastici. Cfr. U. Caldera, Calabria
Napoleonica (1806-1815), ed. Brenner, Cosenza, p. 225 ed inoltre: Archivio di Stato di Cosenza, Periodo francese. Leggi e decreti.
(3) A. R. Le Pera, I Cappuccini in Calabria e i loro 80 conventi, Chiaravalle 1973.
(4) L'elenco di dette opere trovasi in A. Paladino - G. Troiano, Calabria Citeriore, Galasso ed., Trebisacce 1989, p. 176.
(5) Ordine dei riformati, fondato da Francesco da Zumpano, Cfr G. Occhiato, in "I beni culturali e le chiese di Calabria", Laruffa
ed., R. Calabria 1981, p. 353.
(6) Dedicato a S. Pietro d'Alcantara, Cfr G. Fiore, Della Calabria Illustrata, Napoli 1691-1734, libro II, p. 403.
F. Scaduto, Stato e Chiesa nelle due Sicilie dai Normanni ai giorni nostri (sec. IX-XIX), Palermo 1887, p. 747 e nota.
(7) G. Valente, Le torri costiere della Calabria, Chiaravalle 1972
NOTE BIBLIOGRAFICI1E
(1) G. Procacci, Storia degli Italiani 1, L'unità - Laterza 1961, pp. 24-25.
(2) O. Lanza in "Gazzetta del Sud" del 7-8-1986.
0) Per la successione dei feudatari di Casalnuovo, Cfr. D. Bellini, Da Leutermia a Villapiana...,
L Pellegrini ed., Cosenza 1982.
(4) G. Mazzei in "L'Oleandro" a. VJ1 n. 2-1989, p. 4.
(5) AA.W., La vita privata dal Feudalesimo al Rinascimento, C.D.E., Milano 1988, t J.t. fig.
4.13.
(6) M. Fazio, Il destino dei centri storici, La nuova Italia, Firenze 1981, pp. 21-23.
(7) G. Roma, Ricerca su un insediamento di epoca bizantina nel territorio del Comune di
Amendolara, in "Bollettino della Badia Greca di Grottaferrata", n.s. XXXII -1978, pp. 15-31.
(8) Le Corbusier, La Carla d'Atene, Comunità, Milano, 65-70.
Si ringrazia.




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